Marco Detto è il vincitore del Premio Canonica 2017
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20170716
Altra "perla" musicale nel Festival del Jazz. Successo per il Trio Marco Detto
di Gianni Riva
LECCO - Jazz che coniuga felicità espressiva, vitalità e un’incontenibile voglia di cantare accecati dal sole della passione. Quanto hanno vissuto gli oltre 400 spettatori in una calda serata d'estate. Altro successo di pubblico nel secondo appuntamento nel viaggio musicale nel II Festival del Jazz. Dopo l'esordio della rassegna con "King of Bill". Un omaggio a Bill Evans grazie al trio Dado Moroni al pianoforte, Eddie Gomez al contrabbasso e alla batteria Joe Ja Barbera che, aveva raccolto l'applauso di oltre 500 persone che hanno dimostrato l'amore, sia per la musica che la bontà dell'iniziativa;a riprova. Sempre sul palco di piazza Garibaldi, stavolta, gli applausi sono andati al "Marco Detto Trio". Il gruppo formato da Marco Detto al pianoforte (docente alla scuola civica Zelioli di villa Gomes) al basso-contrabbassoMarco Ricci e alla batteria Tony Arco. Una splendida melodia essenziale nella musica di Marco Detto che ha entusiasmato il pubblico. Solarità e freschezza: i fondamentali della miscela sonora degli arrangiamenti del maestro Detto. Nell'appuntamento il trio si è esibito con alcuni brani dell'ultimo Cd "Solo un attimo" Il tempo che ci vuole per ascoltare sessanta minuti di jazz che coniuga felicità espressiva, vitalità e un’incontenibile voglia di musica e di mare, come in un brano, dove grazie all'arraggiamento del maestro Detto gli spettatori hanno viaggiato (purtroppo solo con il pensiero) anche nelle profondità marine. Tutti e tre i musicisti hanno concorso alla creazione di quella necessaria atmosfera. Archiviato questo nuovo successo ora il Festival torna lunedì prossimo 17 Luglio con la terza tappa. Sul palco di piazza Garibaldi ospite il "Trio Cappelletti Di Castri Monico" con un viaggio sulle orme di Giorgio Gaslini e del suo progetto di sintesi fra Jazz di matrice europea e l'africanità. Un omaggio a Gaslini grande e mai dimenticato amico di Lecco. Tutto nasce dal ricordo e gratitudine a Gaslini per il fondo donato alla città di Lecco che costituisce la raccolta più prestigiosa della Biblioteca specializzata in musica - sezione staccata della Biblioteca Civica. La rassegna apprezzata dal Comune di Lecco gode del contributo di Regione Lombardia, Unione camere lombarde e la Fondazione Clerici che gestisce l'Istituto civico musicale Zelioli e vede anche la collaborazione con il Crams di Lecco che da anni si occupa della promozione della musica. Negli eventi in calendario sabato 29 e domenica 30 Luglio 6 pianoforti saranno messi a disposizione in città di chi ama lo strumento con la possibilità di esprimersi alla tastiera secondo la passione musicale anche quella classica.
Altra "perla" musicale nel Festival del Jazz. Successo per il Trio Marco Detto
di Gianni Riva
LECCO - Jazz che coniuga felicità espressiva, vitalità e un’incontenibile voglia di cantare accecati dal sole della passione. Quanto hanno vissuto gli oltre 400 spettatori in una calda serata d'estate. Altro successo di pubblico nel secondo appuntamento nel viaggio musicale nel II Festival del Jazz. Dopo l'esordio della rassegna con "King of Bill". Un omaggio a Bill Evans grazie al trio Dado Moroni al pianoforte, Eddie Gomez al contrabbasso e alla batteria Joe Ja Barbera che, aveva raccolto l'applauso di oltre 500 persone che hanno dimostrato l'amore, sia per la musica che la bontà dell'iniziativa;a riprova. Sempre sul palco di piazza Garibaldi, stavolta, gli applausi sono andati al "Marco Detto Trio". Il gruppo formato da Marco Detto al pianoforte (docente alla scuola civica Zelioli di villa Gomes) al basso-contrabbassoMarco Ricci e alla batteria Tony Arco. Una splendida melodia essenziale nella musica di Marco Detto che ha entusiasmato il pubblico. Solarità e freschezza: i fondamentali della miscela sonora degli arrangiamenti del maestro Detto. Nell'appuntamento il trio si è esibito con alcuni brani dell'ultimo Cd "Solo un attimo" Il tempo che ci vuole per ascoltare sessanta minuti di jazz che coniuga felicità espressiva, vitalità e un’incontenibile voglia di musica e di mare, come in un brano, dove grazie all'arraggiamento del maestro Detto gli spettatori hanno viaggiato (purtroppo solo con il pensiero) anche nelle profondità marine. Tutti e tre i musicisti hanno concorso alla creazione di quella necessaria atmosfera. Archiviato questo nuovo successo ora il Festival torna lunedì prossimo 17 Luglio con la terza tappa. Sul palco di piazza Garibaldi ospite il "Trio Cappelletti Di Castri Monico" con un viaggio sulle orme di Giorgio Gaslini e del suo progetto di sintesi fra Jazz di matrice europea e l'africanità. Un omaggio a Gaslini grande e mai dimenticato amico di Lecco. Tutto nasce dal ricordo e gratitudine a Gaslini per il fondo donato alla città di Lecco che costituisce la raccolta più prestigiosa della Biblioteca specializzata in musica - sezione staccata della Biblioteca Civica. La rassegna apprezzata dal Comune di Lecco gode del contributo di Regione Lombardia, Unione camere lombarde e la Fondazione Clerici che gestisce l'Istituto civico musicale Zelioli e vede anche la collaborazione con il Crams di Lecco che da anni si occupa della promozione della musica. Negli eventi in calendario sabato 29 e domenica 30 Luglio 6 pianoforti saranno messi a disposizione in città di chi ama lo strumento con la possibilità di esprimersi alla tastiera secondo la passione musicale anche quella classica.
Jazz Convention
recensione di Flavio Caprera
Marco Detto Trio - Solo un attimo
Domenica 04 Dicembre 2016
recensione di Flavio Caprera
Marco Detto Trio - Solo un attimo
Domenica 04 Dicembre 2016
Morbegno: la musica del Marco Detto Trio scalda il pubblicoLa stagione musicale continua il 18 febbraio al Teatro di Cosio Valtellino.
Serata caratterizzata da un freddo pungente quella di sabato 4 febbraio. Il pubblico presente all'Auditorium di Morbegno, per l’appuntamento dedicato al genere jazz, ha potuto riscaldarsi, almeno per la durata del concerto, con la musica del pianista Marco Detto, degnamente affiancato da Marco Ricci al basso elettrico e Antonio Fusco alla batteria.
IL CONCERTO
Il trio, proposto dall'associazione Quadrato Magico, ha cercato in tutti i modi di portare i presenti, in un'atmosfera rassicurante, fatta di suoni, ritmi e colori. Il musicista, nato a Milano, ed attivo da un trentennio, ha esordito dichiarando apertamente il piacere di trovarsi in un contesto ambientale così affascinante ed ammettendo un certo impaccio nella dialettica, ma rassicurando sulla capacità evocativa della sua musica. Prendendo spunto da una sua splendida composizione," Equilibrista", contenuta nell'ultimo lavoro "In the mean time" del 2010, per l’etichetta Real Music, ha saputo creare un movimento di tensione e distensione, caratterizzando l'esposizione con tale energia, da indurlo a saltellare e vocalizzare frequentemente. Il brano successivo "Luce", dopo un intro piuttosto malinconico, ha virato su toni decisamente luminosi, trasmettendo come promesso un intensa colorazione. "Step by step" con iniziale uso del keyboard, ha poi trovato sviluppo con un delizioso ritmato, esaltato dalla timbrica di uno splendido Steinway & Sons. L'affiatamento tra i musicisti ha avuto conferma in ogni brano, soprattutto nelle parti conclusive, dove emergeva forte l'improvvisazione, la voglia di indugiare e prolungare la magia del momento. Il repertorio proposto ha mostrato uno standard qualitativo elevato ed uniforme, caratterizzato da un personale uso della melodia e da una vena compositiva romantica, mai enfatizzata. Molto apprezzato lo spazio lasciato ai due gemelli del ’ritmo’, che non hanno voluto strafare con virtuosismi solistici, rendendo piacevoli gli spazi loro concessi.
Percorrendo brevemente la carriera di Marco Detto, spicca la collaborazione del 1994 con la base ritmica, formata da Danielsson-Erskine culminata con l’uscita de “La danza dei ricordi”. Nel 2001 lavorò con Eddie Gomez, contrabbassista dell’immenso Bill Evans, massimo interprete delle formazioni in trio. Nel 2006 nel tour promozionale di “Ripples” fu ospite a Berbenno nell’ambito del festival dedicato a Thelonious Monk entusiasmando il pubblico con sue composizioni e cover di Ellington e di Monk, da manuale l’interpretazione di “Round Midnight”. Per chi volesse avere del pianista una conoscenza più articolata, l’ultimo suo lavoro, vede molti brani proposti all’Auditorium, arricchiti da una numerosa sezione fiati (sax, tromba, clarinetto, trombone), capaci di rendere l’ascolto ricco di ulteriori sfumature. Una perla su tutte, l’”Equilibrista” in versione piano e voce con Sabrina Sparti.
JAZZITALIA
Marco Detto
In the Mean Time
Un'emozionante esplosione di colori questo nuovo lavoro discografico di Marco Detto. Una valanga fragorosa che ti abbraccia e ti trascina lontano e tocca la sensibilità di chi ascolta.
Un'opera preziosa, riservata a chi si aspetta dall'arte emozioni forti, vere e profonde. Tutto è alimentato da un'intensa energia che s'impone sin dal brano d'apertura grazie a delicati equilibri melodici, ricchi di grazia e di robuste armonizzazioni sapientemente orchestrate. Il filo conduttore di "In the mean time" è senza dubbio il viaggio. Il senso di movimento, di ricerca lo si avverte in tutte le nove tracce di cui è composto il Cd.
Marco Detto giunto al suo quattordicesimo lavoro non ha smesso di calarsi nella ricerca di nuove sonorità, di nuovi stimoli e, con la genialità e la sensibilità musicale che da sempre lo contraddistinguono, s'incammina verso nuovi percorsi con la curiosità del viaggiatore e con un bagaglio d'esperienza invidiabile che lo ha portato ad essere uno dei massimi esponenti del jazz internazionale.
La sua è una musica ricca di pathos e di trasognante bellezza, all'insegna del bel suonare. E' creatività, morbidezza, visceralità, potenza comunicativa. Dalla frizzante "Correndo lontano" alla funkeggiante "Nel frattempo", dalla zawinuliana "Step by step" a "Il viaggiatore" alla monkiana "Mr Monk" è tutto un caleidoscopio di momenti pregni di passione, idee, vitalità, generosa passionalità e assoluta originalità. Si è al cospetto di un lavoro eseguito da parte di un artista vero, che ama e soprattutto rispetta la musica.
Le composizioni, tutte a firma dello stesso Detto, sono ben eseguite dai musicisti coinvolti, capaci di toccare le corde più recondite dell'ascoltatore, per via di una non spiegabile alchimia musicale, fatta di sensibilità lirica, empatia e purezza di tono.
Su tutti va sicuramente citata la musicalità del contrabbassista Marco Ricci dalla cavata morbida e penetrante al tempo stesso; un respiro arioso e ritmicamente essenziale, attorno a cui si muove con sobria espressività il raffinato ed incisivo drumming di Antonio Fusco; l'eclettismo e l'agilità di fraseggio di Antonello Monni, soprattutto al soprano oltre che per la sua splendida perizia nell'orchestrazione; la morbida voce della tromba di Alberto Mandarini sempre molto convincente nei suoi precisi interventi.
Alessandro Carabelli per Jazzitalia
INTERNATIONAL SONGWRITING COMPETITION 2006
Nashville 3/29/2007 “As the Founder and Director of the International Songwriting Competition, it is my honor and pleasure to congratulate and inform you that your song .."Lasciarsi Andare.." has won Honorable Mention in the Jazz category in the 2006 International Songwriting Competition (ISC). We are very proud of your accomplishment and thank you for entering your song into ISC this year. ISC received almost 15,000 entries from 88 countries throughout the world, so this acknowledgement of your song by ISC and its judges is a noteworthy achievement of which you can be very proud.“ Candace Avery Founder/Director ISC
Altri Suoni Marco Detto: BlueStones
Music Center (Italia) - 2005
di Claudia Canella
"BlueStones", ovvero un incontro di fantasia musicale e improvvisazione creativa che si intrecciano simultaneamente. Ogni strumento, ogni brano, ogni momento compositivo rappresenta una "stone" preziosa, arricchita dalla bravura di Marco Detto, nonché dalla complicità di ottimi musicisti che lo accompagnano nel music plan di un disco sorprendentemente vitale, originale e jazzisticamente italiano. In apparenza così lontani da ogni schema strutturale, i nove brani sono curati nella loro esecuzione e lasciano spazio all’arte della fantasia e della personalità di ogni musicista. Ciascuno contribuisce al tessuto musicale, creando un dialogo, che fonde stili interpretativi diversi, profondamente legati alla memoria del proprio vissuto e alla propria origine territoriale. In questo contesto, Marco Detto, potrebbe essere considerato un mainstream, un pianista d’imprinting classico e compositore tout-court che ricrea il piacere del dialogo musicale più semplice ed espressivo per ciascun strumento, con una valenza a volte romantica e una ricerca incessante di timbri e di suoni. Il rapporto privilegiato che riesce a ricreare con i musicisti, in modo del tutto naturale, lo porta a far si che diventino per lui degli straordinari compagni di viaggio. Nuance di suoni, timbri e atmosfere, riescono come in "Jasì" (con richiami a ritmi latini) ad usare analiticamente la grammatica di un nuovo tipo di linguaggio, a volte ironico, che fonde tradizione e cultura nel firmamento del jazz raffinato. Il brano introduttivo "Lasciarsi andare", sprigiona energia per mezzo delle entrate precise della tromba e della batteria, con frasi a volte ruvide ma che vengono attenuate nelle risoluzioni ad unisono del pianoforte nell’alternarsi reciproco dei vari strumenti e nella ripresa del tema iniziale. L’universo incantato dei brani di Marco Detto riecheggia così nel suo estro musicale in "Festa di Piazza" con un arrangiamento vicino allo spirito giocoso: i suoi ritornelli irresistibili e i fraseggi morbidi restano impressi come fossero una beguine di memoria felliniana. Pianoforte, basso, batteria e clarinetto si alternano scambievolmente danzando tra di loro e regalandosi frasi di assoluta scioltezza. "In riva al lago", insolitamente melodica, tra il pop e lo swing, spazia in contesti stilistici diversi mantenendo una costante linea orecchiabile, grazie anche alle cellule melodiche che si aprono in espressioni di dolcezza interpretativa unite ad esplosioni di individualità della tromba.
Così ogni pietra/brano all’interno del disco è architettonicamente sostenuta dall’altra senza cedimenti e riesce a conciliare riferimenti popolari, memorie di visioni surreali, in un gioco di capacità espressiva nel costante equilibrio di suoni e di ritmi come nel brano "La memoria", in cui le reminiscenze di ognuno di noi riemergono grazie anche giochi di fraseggi/dialoghi con gli assoli versatili del clarinetto di Guido Bombardieri.
In "Mi piace Totò", la batteria di Mauro Beggio e il basso di Stefano Profeta manifestano sicurezza e scioltezza ritmico-dinamica e si mostrano pronti a ogni sviluppo tematico con intermezzi virtuosistici ben interpretati. Allo stesso tempo, il corpo ben nutrito di ottimi fiati, a cominciare da Guido Bombardieri al clarinetto, Alessandro Castelli al trombone, Kyle Gregory alla tromba, Antonello Monni al sax e non ultima Anna Ulivieri al flauto (unica donna nella formazione) riescono a ricreare atmosfere giocate su temi dal respiro scherzoso di festa in cui gli strumenti dialogano costantemente, galvanizzandosi reciprocamente.
"Alma" rappresenta la passione e la spontaneità dei solisti che si ritrovano in un interplay fluido e caloroso con fragili fraseggi a volte malinconici, con l’inciso iniziale ad unisono che regala assoli e riprese continue.
"Una lunga attesa", è un brano dal carattere swing con atmosfere mordenti ma ricche di feeling, mentre la nostalgica magia musicale nel brano "Qualcosa accadrà", è ancora sottolineata dalla linea melodica della tromba che risolve attraverso armonie e ritmi dai respiri più liberatori, in un clima di memoria ancora felliniana.
Un disco pieno di charme che sicuramente esprime sentimenti e situazioni d’animo, semplificati dalla spontaneità, in cui affiorano i ricordi di ciascuno di noi, un’opera che sintetizza atmosfere sofisticate unite a melodie semplici e raffinate, come "BlueStones".
La Provincia Domenica 20 Agosto 2006
La seconda serata a Berbenno del festival dedicato al grande Thelonious è stata un grande successo, anche di pubblico
Da lassù anche Monk si è divertito
Perfetta chimica all’interno del Trio, esaltate le qualità tecniche del pianista - Barbieri vera rivelazione
BERBENNO Serata più calda, e non solo dal punto atmosferico, la seconda del Monk Festival a Berbenno, conclusosi ieri con il trio di EnricoPieranunzi. Il pianista Marco Detto venerdì sera ha saputo comunicare con il pubblico, trasmettendo emozioni forti e tutta l’energia che lo anima, percosso dal demone della musica che lo fa saltellare sul sedile, canticchiare mugolando mentre le dita corrono instancabili e fluide sulla tastiera, accennare perfino qualche passo di danza. L’approccio alla grammatica del grande Thelonious è meno intellettualistico, maggiormente estatico rispetto a Cappelletti, come se Detto, grazie anche alla perfetta intesa con due giovani promettenti come il contrabbassista Stefano Profeta e il batterista Mattia Barbieri, fosse quasiposseduto dallo spirito del grande maestro neroamericano che campeggia nellestupende foto in b/n di Pietro Redaelli appese ai lati della Terrazza Traversi insieme a quelle di altre giganti del jazz. C’è anche più pubblico stasera, si rasentano i 200 e la sala è in fervida attesa. Così quando arriva sul palco Detto, baffuto e sorridente, un po’ impacciato (“Mi onora tornare qui a Berbennodieci anni dopo, ma non sono molto bravo con le parole”, premette), è subitouno scrosciante applauso. Ma l’impaccio svanisce subito quando il pianista sisiede alla tastiera. Il primo brano, una sua composizione tratta dall’ultimoalbum in sestetto “Blue Stones” è il suggestivo “Alma” dedicato alla mamma “che forse, da lassù, avrà dato una sbirciatina insieme a Monk”. Poi, un altro pezzo suo come “Lasciarsi andare” rivela tutte la capacità tecniche del pianista,con continui cambi di tempo e ritmo, una dedizione assoluta all’armonia e mette in vetrina Profeta e soprattutto un duttile e preciso Barbieri, vera rivelazione della serata. “In The Twilight”, tutta giocata sulle note basse e “Festa di Piazza” vedono al proscenio anche il contrabbassista con il primo solo ispirato, ma la chimica tra i tre è quasi perfetta e il trio si mette con grande umiltà al servizio della musica senza strafare in eccessi solistici. Il pubblico capisce e applaude, sfiorando l’ovazione quando Detto affronta da solo le celebri “Take the A Train” e “Caravan” di Ellington, fuse insieme in una cascata di note, scomposte e ricomposte con un ritmo irresistibile. Poi è “Round Midnight” di Monk, a scaldare i cuori, con la sua melanconia blues unita ad una melodica versione di “Bemsha Swing”. Il bis, richiesto a gran voce, è la latineggiante “Poinciana”, poi Marco scorge nel pubblico la cantante brasiliana e amica Dilene Ferraz e la invita ad unirsi al trio per una bella versione di “Garota de Ipanema” di Jobim. Degna conclusione con un altro omaggio, stavolta ad un grande della bossanova, per un’altra ottima serata di musica offerta da Mongiardino Arte che ha trovato strada facendo un nuovo spazio per il jazz estivo in questa terrazza coperta al riparo dalle bizze del tempo.
Paolo Redaelli
LIBERTA’ di domenica 18 giugno 2006 Spettacoli
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Serenata jazz con Marco Detto
Grande concerto a Monticelli per il quartetto del pianista milanese
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Monticelli - Un morbido assolo di pianoforte, melodiche note di un lento swing, vivaci improvvisazioni di contrabbasso e batteria. E’ iniziato così, l’altra sera allo Chalet di Monticelli, presso la Società Canottieri Ongina, il concerto del Marco Detto Quartet, secondo appuntamento dell’edizione 2006 del Monticelli Jazz, rassegna che da diciassette anni propone ad un affezionato pubblico di appassionati le esibizioni dei migliori esponenti del panorama jazzistico italiano e internazionale.
Anche questa volta il risultato non ha tradito le aspettative. Attraverso la presentazione di moltissimi brani (tutti composti da Marco Detto) tratti da BlueStones, ultimo cd realizzato nello scorso aprile dal gruppo (assieme a Kyle Gregory alla tromba e Antonello Monni al sax tenore) per l’etichetta Music Center, il Marco Detto Quartet non ha solamente proposto un bellissimo concerto di ottimo jazz. Quella del gruppo è stata una stupefacente esibizione di virtuosismo. Virtuosismo strumentale, grazie alle straordinarie doti tecniche dei quattro musicisti dell’ensemble (Marco Detto al pianoforte, Guido Bombardieri al clarinetto e sax alto, Stefano Profeta al contrabbasso e Mauro Beggio alla batteria); virtuosismo interpretativo, con brillanti improvvisazioni su standard come la celebre Cavan di Duke Ellington, bellissimi swing dalle linee melodiche accattivanti come Alma, Mr. Rothko e La memoria, vivacissimi brani come Lasciarsi andare, In the twilight e Festa di piazza. E virtuosismo compositivo, espressione delle originali idee musicali del compositore del gruppo, il simpaticissimo Marco Detto, milanese dalla forte carica di umanità.
Senza nulla togliere alla straordinaria bravura di tutti i componenti, un cenno a parte meritano Guido Bombardieri e Marco Detto. Il primo, protagonista al clarinetto e al sax alto di una superlativa esibizione, ha mostrato una completa padronanza dello strumento e delle tecniche esecutive (compresa la respirazione circolare che ha esibito con un lunghissimo, strabiliante assolo), riuscendo ad ottenere dal clarinetto e dal sax ogni possibile effetto timbrico, nonché doti interpretative ed un estro improvvisativo davvero fuori dal comune (memorabili i suoi assoli in Festa di piazza e In the twilight). Non c’è rischio di esagerare nel definirlo uno dei migliori clarinettisti jazz della musica italiana.
Marco Detto, leader del gruppo e autore di tutti i brani eseguiti, si è rivelato essere un eccellente compositore, ideatore di un jazz moderno ma dichiaratamente ancorato al genere classico, che si muove attorno a temi e melodie deliziosamente venati di romanticismo, che si ritraggono solo per lasciare spazio a momenti di totale libertà improvvisatoria, la cui efficacia è amplificata dalla geniale inventiva dei componenti del gruppo. Ma anche sfoggiato doti di valido pianista, energico, passionale e con qualcosa in più: quella grande emozione che solo un artista che esegue la propria musica riesce a trasmettere.
Mauro Bardelli
Review Il trio di Marco Detto è una delle cose più belle che mi sia capitato di sentire ultimamente, c’è un processo continuo di tensione e di distensione, nella su musica, che si tratti di grandi standard, rivisitati con notevole sapienza armonica e un piglio moderno che non è facile trovare in molti pianistidel nostro jazz, sia che si tratti delle splendide composizioni come leader, velate come sono di una malinconia che non indugia narcisisticamente su se stesso. l’interplay è prerogativa costante del trio ed aiuta la musica a respirare in quel leggero movimento ondivago che è prorio del trio..
La casa del Jazz
...l’impressione che si riporta ascoltando Marco Detto nelle esibizioni dal vivo è che il suo pianismo martellante tende a investire gli astanti...incline a imporsi con una metodica in cui la tecnica sovrasta talvolta l’immaginazione...
Carlo Peroni
... non c’è solo forza..Detto si rivela un grande melodista, semplice, sottile, latino, ma fortemente influenzato dal blues e dal gospel quando meno te lo aspetti. Voto artistico 10.
In the Air - Review by Steven Loewy
Cinematographer and jazz documenter Ken Burns might be surprised to find an accomplished scene in the heart of Italy, but Marco Detto is a prime example of the kind of superb mainstream improvisational skill to be found in the land of Popes and pizza. The liners speak of a sense of nostalgia running through Detto’s work. He does tend to look toward the past, his piano comfortable with Ellington, Cole Porter, Rogers & Hart, as well as his own bop-laced conceptions. Detto is accomplished, his hands dancing across the keyboard, confidently and luxuriously. The highlight of the album, Detto’s almost 15-minute mixed rendition of the Ellington/Strayhorn classics "Take the ’A’ Train" and "Caravan" explodes with familiar delights. Max De Aloes lyrical contribution on harmonica on the closing "Canzone Per Martino" leaves the listener wanting more. While Detto’s trio is hardly revolutionary, it does effectively dig into the pieces, without transforming them. This is the sort of fare that works so well live, in the ambience of the club, when melodic invention and relaxing swing hold sway.
Mercoledì 27 Marzo 2002 - © CORRIERE DELLA SERA - Cultura JAZZ Marco Detto
Un’anima da suonare
Un giovane pianista si affaccia al panorama del jazz italiano e lo fa con un disco inciso a New York con il bassista Eddie Gomez, un grande del suo strumento, e il batterista Lennie White. Si chiama Marco Detto e nel suo disco intitolato forse un po troppo romanticamente ´What a wonderful world(un omaggio alla celebre incisione di Armstrong?) non cerca strade trasversali, non tenta avanguardie, usa un pianismo classico sorretto da una bella tecnica e propone standard riletti con autentica passione e basta ascoltare il suo ´Over the Rainbow´ una vecchissima canzone di Harburg e Harlen per rendersene conto. Ma cè di più. Detto si propone anche come autore e suona alcune sue belle pagine da ´Song for Annalisa´ a ´the Stories of the soul´ (che è anche il titolo di una sua precedente incisione per piano solo).
Come pianista mostra di avere una sicura vena melodica, un modo corposo e dotto di armonizzare una capacità di alternare emozioni, a volte rieccheggiando nella tecnica alcuni grandi del passato. Come compositore possiede una propensione romantica che tuttavia non enfatizza e che fa rientrare in un elegante gioco del chiaroscuro. Infine il fatto che Eddie Gomez lo abbia invitato a suonare anche con il suo quartetto chiarisce che Oltreoceano si sono accorti di lui. Forse anche prima di quanto sia accaduto in Patria.
WHAT A WONDERFUL
WORLD
di Marco Detto
Cd Music Center, Ä 16
Vittorio Franchini
© Corriere della Sera
Cultura
Novembre 2000 - MUSICA JAZZ IL TIRRENO
martedì 19 settembre 2000
Il grande Eddie Gomez
duetta con le campane
Bruna Baldassarre
PORTOFERRAIO. Con un concerto di musica classica al Vigilanti di Portoferraio e uno di jazz nella piazza di Capoliveri, domenica sera si è conclusa la quarta edizione del festival ´Elba isola musicale d’Europa´, presieduto da George Edelman e con la direzione artistica affidata a Yuri Bashmet.
A Capoliveri il jazz irrompe in piazza Matteotti mentre, tra i tetti, il giorno sfuma in un bel tramonto.
Sul palco nomi di fama internazionale: Eddie Gomez al contrabbasso, Yeremy Steig al flauto, Lenny Wheite alle percussioni, Marco Detto sostituisce McCoy Tyner al piano. Il pubblico appassionato, come spesso il jazz richiama, comincia a riempire la piazza in modo irregolare e informale, c’è anche Edelman.
Le mollette da bucato fermano gli spartiti, che potrebbero anche non esserci per la bravura dei musicisti. Gomez sfila ogni tanto un foglietto dalla tasca, ma solo per ricordare la scaletta dei brani: Footprints, Autumn Leaves, So what, All blues, Wats new...
Gomez dialoga con il pubblico e ripete spesso che Capoliveri è un posto amabile e il suo pubblico è una ´big audience´ (salvo gli incuranti transiti adiacenti al palco). Disinvoltura e padronanza lo portano a non scomporsi neanche dinanzi ad imprevedibili altre ´melodie´, quali quelle provenienti dai rintocchi delle campane della vicina chiesa. Si fermano e Gomez è ´Papa Dio di Capoliveri´.
Il pubblico applaude, lo spettacolo continua con un arrangiamento jazz. Un duo simpaticissimo con tutta la freschezza dell’improvvisazione pi impensabile: contrabbasso e flauto dietro al suono delle campane. Un vero, inaspettato, controcanto.
Tra il pubblico ci sono anche giovani musicisti appassionati di jazz venuti apposta da altre parti d’Italia. Uno di loro commenta che gli artisti sul palco sono i migliori del mondo.
Il pianista, una vera rivelazione! Gomez è un fenomeno. Il livello è altissimo, ma avrei preferito ascoltare di pi´. Eppure è stato regalato anche un bis. Alla consueta domanda sulle impressioni, le risposte sono che ´il suono è suono, emozione interiore e non si puÚ definire´, che ´i musicisti classici che interpretano il jazz mancano di irregolarità e scompostezza. » pi di maniera, ma forse si adatta meglio all’atmosfera del festival´.
Chi è il musicista rivelazione della serata? » il milanese Marco Detto, arrivato sul palco del festival come sostituto del sostituto del pianista che figura nel programma, McCoy Tyner. Autodidatta, umile, dolce e carico di umanità, Detto porta un’esperienza vissuta all’insegna dell’ottimo ´interplayª. Una perfetta intesa nonostante l’evento inatteso. Gomez gli ha già proposto un’incisione per marzo.
Chissà che il festival elbano non abbia tenuto a battesimo, come fu per il Pietri, una brillante carriera di cui abbiamo ´Detto´.
Capoliveri saluta il festival col jazz mentre dal Vigilanti l’arrivederci è affidato alle musica di Bach, Mozart e Schubert.
Novembre 2000 - MUSICA JAZZ Isola d’Elba
5/17 settembre, Portoferraio, Marciana, Marciana Marina, Capoliveri:
´Elba, isola musicale d’Europa - IV Festival Internazionaleª.
E’ il quarto anno che, ignorato da quasi tutti gli organi d’informazione, sull’Isola d’Elba si tiene a settembre un prestigioso festival di musica classica, che, dalla seconda edizione, si è aperto anche al jazz con la supervisione artistica del contrabbassista Eddie Gomez. Il festival ha come direttore artistico il russo Yuri Bashmet, che il Times ha definito ´senza dubbio uno dei massimi musicisti viventiª, e conta sulla partecipazione di altre figure di rilievo mondiale quali il violinista Uto Ughi, i pianisti Sergei e George Edelman, il violinista Victor Tretiakov. I concerti, in parte gratuiti, hanno fatto registrare una forte partecipazione di pubblico locale e turistico. Gomez aveva invitato quest’anno Chick Corea, che ha però dovuto rinunciare per ragioni di salute; non avendo raggiunto un accordo con McCoy Tyner, designato a sostituirlo, Eddie Gomez ha infine invitato una giovane promessa del jazz italiano, il pianista Marco Detto.
Ma il primo concerto jazz in programma era quello dedicato a Bill Evans a Capoliveri, con Gomes, Enrico Pieranunzi al pianoforte, Jeremy Steig al flauto e Lenny White alla batteria. Pur non avendo mai lavorato prima con loro, il pianista si è trovato perfettamente a suo agio e ha suonato splendidamente: il mondo evansiano gli è molto congeniale e ha trovato modo di eseguire in solitudine anche un proprio brano. Ha stupito ed entusiasmato Steig, che ha una bellissima sonorità, è lirico sui tempi lenti, ha una verve e uno swing straordinari sui tempi mossi e riesce a trarre dallo strumento una gamma di suoni e motivi sempre nuovi con un linguaggio sorprendentemente attuale. La classe di Gomes è nota: ha una timbrica eccellente e la stoffa del leader nel condurre i compagni sugli itinerari musicali che sceglie. Anche White ha dato ampi saggi della propria bravura, basata sulla semplicità essenziale.
Il concerto è stato replicato un paio di sere dopo (ma con Detto al pianoforte) nel teatro Vigilanti di Portoferraio, sede della maggior parte dei concerti di musica classica. E’ stato interessante rilevare il contributo differente dato dai due pianisti: pi lirico e vicino allo spirito di Bill Evans, Pieranunzi si è inserito facilmente nei giochi condotti da Gomez, mentre Detto ha dato al gruppo pi nervosismo e ritmo, con uno stile pianistico abbastanza personale ma molto prossimo alle atmosfere create da Red Garland nel quintetto di Miles Davis. Per un solo brano (che Gomez ha intitolato Improvisation For Napoleone) si è inserito, al posto di Steig, il clarinetto basso di Michel Portal: è stata un’improvvisazione godibile, dalla quale s’è perÚ ricavata l’impressione che Portal volesse evitare il confronto diretto con Steig.
Sempre il quartetto formato da Steig, Gomez, White e Detto ha offerto un secondo concerto a Capoliveri con un programma completamente diverso (pi congeniale alla vena pianista lombardo), basato su standard famosi. Detto ha in programma l’incisione di un CD con Gomez a New York e i concerti elbani sono stati sicuramente un’esperienza stimolante. Sempre nel secondo concerto s’è prepotentemente imposto, ancora una volta, il flauto di Steig, in particolare evidenza in un Autumn Leaves su tempo mosso.
In infelice concomitanza con il concerto di Pieranunzi si è svolta l’esibizione di Claudio Fasoli con il violoncellista classico Mario Brunello, volta a mescolare le note di Johann Sebastian Bach con le improvvisazioni del sax tenore. Fasoli temeva che l’esito del dialogo tra i due generi risultasse kitsch, ma i risultati lo hanno fatto ricredere e ora sta portando in giro per l’Italia questo duetto, con grandi soddisfazioni. Il folto pubblico che ha raggiunto faticosamente la Fortezza Pisana di Marciana, dove si sono esibiti i due musicisti, ha molto gradito il concerto.
Delle manifestazioni del festival faceva parte anche una giornata di crociera musicale in Corsica: a bordo suonavano il chitarrista Emanuele Segre, il flautista Alfred Rutz e la cantante Lucia Minetti. Nel tardo pomeriggio a Bastia, nella chiesa St. Jean-Baptiste, s’è tenuto uno stupendo concerto dell’orchestra ´I soliti di Moscaª diretta da Yuri Bashmet su musiche di Bach, Mozart e Giovanni Sollima.
Riccardo Schwamenthal
Serata caratterizzata da un freddo pungente quella di sabato 4 febbraio. Il pubblico presente all'Auditorium di Morbegno, per l’appuntamento dedicato al genere jazz, ha potuto riscaldarsi, almeno per la durata del concerto, con la musica del pianista Marco Detto, degnamente affiancato da Marco Ricci al basso elettrico e Antonio Fusco alla batteria.
IL CONCERTO
Il trio, proposto dall'associazione Quadrato Magico, ha cercato in tutti i modi di portare i presenti, in un'atmosfera rassicurante, fatta di suoni, ritmi e colori. Il musicista, nato a Milano, ed attivo da un trentennio, ha esordito dichiarando apertamente il piacere di trovarsi in un contesto ambientale così affascinante ed ammettendo un certo impaccio nella dialettica, ma rassicurando sulla capacità evocativa della sua musica. Prendendo spunto da una sua splendida composizione," Equilibrista", contenuta nell'ultimo lavoro "In the mean time" del 2010, per l’etichetta Real Music, ha saputo creare un movimento di tensione e distensione, caratterizzando l'esposizione con tale energia, da indurlo a saltellare e vocalizzare frequentemente. Il brano successivo "Luce", dopo un intro piuttosto malinconico, ha virato su toni decisamente luminosi, trasmettendo come promesso un intensa colorazione. "Step by step" con iniziale uso del keyboard, ha poi trovato sviluppo con un delizioso ritmato, esaltato dalla timbrica di uno splendido Steinway & Sons. L'affiatamento tra i musicisti ha avuto conferma in ogni brano, soprattutto nelle parti conclusive, dove emergeva forte l'improvvisazione, la voglia di indugiare e prolungare la magia del momento. Il repertorio proposto ha mostrato uno standard qualitativo elevato ed uniforme, caratterizzato da un personale uso della melodia e da una vena compositiva romantica, mai enfatizzata. Molto apprezzato lo spazio lasciato ai due gemelli del ’ritmo’, che non hanno voluto strafare con virtuosismi solistici, rendendo piacevoli gli spazi loro concessi.
Percorrendo brevemente la carriera di Marco Detto, spicca la collaborazione del 1994 con la base ritmica, formata da Danielsson-Erskine culminata con l’uscita de “La danza dei ricordi”. Nel 2001 lavorò con Eddie Gomez, contrabbassista dell’immenso Bill Evans, massimo interprete delle formazioni in trio. Nel 2006 nel tour promozionale di “Ripples” fu ospite a Berbenno nell’ambito del festival dedicato a Thelonious Monk entusiasmando il pubblico con sue composizioni e cover di Ellington e di Monk, da manuale l’interpretazione di “Round Midnight”. Per chi volesse avere del pianista una conoscenza più articolata, l’ultimo suo lavoro, vede molti brani proposti all’Auditorium, arricchiti da una numerosa sezione fiati (sax, tromba, clarinetto, trombone), capaci di rendere l’ascolto ricco di ulteriori sfumature. Una perla su tutte, l’”Equilibrista” in versione piano e voce con Sabrina Sparti.
JAZZITALIA
Marco Detto
In the Mean Time
Un'emozionante esplosione di colori questo nuovo lavoro discografico di Marco Detto. Una valanga fragorosa che ti abbraccia e ti trascina lontano e tocca la sensibilità di chi ascolta.
Un'opera preziosa, riservata a chi si aspetta dall'arte emozioni forti, vere e profonde. Tutto è alimentato da un'intensa energia che s'impone sin dal brano d'apertura grazie a delicati equilibri melodici, ricchi di grazia e di robuste armonizzazioni sapientemente orchestrate. Il filo conduttore di "In the mean time" è senza dubbio il viaggio. Il senso di movimento, di ricerca lo si avverte in tutte le nove tracce di cui è composto il Cd.
Marco Detto giunto al suo quattordicesimo lavoro non ha smesso di calarsi nella ricerca di nuove sonorità, di nuovi stimoli e, con la genialità e la sensibilità musicale che da sempre lo contraddistinguono, s'incammina verso nuovi percorsi con la curiosità del viaggiatore e con un bagaglio d'esperienza invidiabile che lo ha portato ad essere uno dei massimi esponenti del jazz internazionale.
La sua è una musica ricca di pathos e di trasognante bellezza, all'insegna del bel suonare. E' creatività, morbidezza, visceralità, potenza comunicativa. Dalla frizzante "Correndo lontano" alla funkeggiante "Nel frattempo", dalla zawinuliana "Step by step" a "Il viaggiatore" alla monkiana "Mr Monk" è tutto un caleidoscopio di momenti pregni di passione, idee, vitalità, generosa passionalità e assoluta originalità. Si è al cospetto di un lavoro eseguito da parte di un artista vero, che ama e soprattutto rispetta la musica.
Le composizioni, tutte a firma dello stesso Detto, sono ben eseguite dai musicisti coinvolti, capaci di toccare le corde più recondite dell'ascoltatore, per via di una non spiegabile alchimia musicale, fatta di sensibilità lirica, empatia e purezza di tono.
Su tutti va sicuramente citata la musicalità del contrabbassista Marco Ricci dalla cavata morbida e penetrante al tempo stesso; un respiro arioso e ritmicamente essenziale, attorno a cui si muove con sobria espressività il raffinato ed incisivo drumming di Antonio Fusco; l'eclettismo e l'agilità di fraseggio di Antonello Monni, soprattutto al soprano oltre che per la sua splendida perizia nell'orchestrazione; la morbida voce della tromba di Alberto Mandarini sempre molto convincente nei suoi precisi interventi.
Alessandro Carabelli per Jazzitalia
INTERNATIONAL SONGWRITING COMPETITION 2006
Nashville 3/29/2007 “As the Founder and Director of the International Songwriting Competition, it is my honor and pleasure to congratulate and inform you that your song .."Lasciarsi Andare.." has won Honorable Mention in the Jazz category in the 2006 International Songwriting Competition (ISC). We are very proud of your accomplishment and thank you for entering your song into ISC this year. ISC received almost 15,000 entries from 88 countries throughout the world, so this acknowledgement of your song by ISC and its judges is a noteworthy achievement of which you can be very proud.“ Candace Avery Founder/Director ISC
Altri Suoni Marco Detto: BlueStones
Music Center (Italia) - 2005
di Claudia Canella
"BlueStones", ovvero un incontro di fantasia musicale e improvvisazione creativa che si intrecciano simultaneamente. Ogni strumento, ogni brano, ogni momento compositivo rappresenta una "stone" preziosa, arricchita dalla bravura di Marco Detto, nonché dalla complicità di ottimi musicisti che lo accompagnano nel music plan di un disco sorprendentemente vitale, originale e jazzisticamente italiano. In apparenza così lontani da ogni schema strutturale, i nove brani sono curati nella loro esecuzione e lasciano spazio all’arte della fantasia e della personalità di ogni musicista. Ciascuno contribuisce al tessuto musicale, creando un dialogo, che fonde stili interpretativi diversi, profondamente legati alla memoria del proprio vissuto e alla propria origine territoriale. In questo contesto, Marco Detto, potrebbe essere considerato un mainstream, un pianista d’imprinting classico e compositore tout-court che ricrea il piacere del dialogo musicale più semplice ed espressivo per ciascun strumento, con una valenza a volte romantica e una ricerca incessante di timbri e di suoni. Il rapporto privilegiato che riesce a ricreare con i musicisti, in modo del tutto naturale, lo porta a far si che diventino per lui degli straordinari compagni di viaggio. Nuance di suoni, timbri e atmosfere, riescono come in "Jasì" (con richiami a ritmi latini) ad usare analiticamente la grammatica di un nuovo tipo di linguaggio, a volte ironico, che fonde tradizione e cultura nel firmamento del jazz raffinato. Il brano introduttivo "Lasciarsi andare", sprigiona energia per mezzo delle entrate precise della tromba e della batteria, con frasi a volte ruvide ma che vengono attenuate nelle risoluzioni ad unisono del pianoforte nell’alternarsi reciproco dei vari strumenti e nella ripresa del tema iniziale. L’universo incantato dei brani di Marco Detto riecheggia così nel suo estro musicale in "Festa di Piazza" con un arrangiamento vicino allo spirito giocoso: i suoi ritornelli irresistibili e i fraseggi morbidi restano impressi come fossero una beguine di memoria felliniana. Pianoforte, basso, batteria e clarinetto si alternano scambievolmente danzando tra di loro e regalandosi frasi di assoluta scioltezza. "In riva al lago", insolitamente melodica, tra il pop e lo swing, spazia in contesti stilistici diversi mantenendo una costante linea orecchiabile, grazie anche alle cellule melodiche che si aprono in espressioni di dolcezza interpretativa unite ad esplosioni di individualità della tromba.
Così ogni pietra/brano all’interno del disco è architettonicamente sostenuta dall’altra senza cedimenti e riesce a conciliare riferimenti popolari, memorie di visioni surreali, in un gioco di capacità espressiva nel costante equilibrio di suoni e di ritmi come nel brano "La memoria", in cui le reminiscenze di ognuno di noi riemergono grazie anche giochi di fraseggi/dialoghi con gli assoli versatili del clarinetto di Guido Bombardieri.
In "Mi piace Totò", la batteria di Mauro Beggio e il basso di Stefano Profeta manifestano sicurezza e scioltezza ritmico-dinamica e si mostrano pronti a ogni sviluppo tematico con intermezzi virtuosistici ben interpretati. Allo stesso tempo, il corpo ben nutrito di ottimi fiati, a cominciare da Guido Bombardieri al clarinetto, Alessandro Castelli al trombone, Kyle Gregory alla tromba, Antonello Monni al sax e non ultima Anna Ulivieri al flauto (unica donna nella formazione) riescono a ricreare atmosfere giocate su temi dal respiro scherzoso di festa in cui gli strumenti dialogano costantemente, galvanizzandosi reciprocamente.
"Alma" rappresenta la passione e la spontaneità dei solisti che si ritrovano in un interplay fluido e caloroso con fragili fraseggi a volte malinconici, con l’inciso iniziale ad unisono che regala assoli e riprese continue.
"Una lunga attesa", è un brano dal carattere swing con atmosfere mordenti ma ricche di feeling, mentre la nostalgica magia musicale nel brano "Qualcosa accadrà", è ancora sottolineata dalla linea melodica della tromba che risolve attraverso armonie e ritmi dai respiri più liberatori, in un clima di memoria ancora felliniana.
Un disco pieno di charme che sicuramente esprime sentimenti e situazioni d’animo, semplificati dalla spontaneità, in cui affiorano i ricordi di ciascuno di noi, un’opera che sintetizza atmosfere sofisticate unite a melodie semplici e raffinate, come "BlueStones".
La Provincia Domenica 20 Agosto 2006
La seconda serata a Berbenno del festival dedicato al grande Thelonious è stata un grande successo, anche di pubblico
Da lassù anche Monk si è divertito
Perfetta chimica all’interno del Trio, esaltate le qualità tecniche del pianista - Barbieri vera rivelazione
BERBENNO Serata più calda, e non solo dal punto atmosferico, la seconda del Monk Festival a Berbenno, conclusosi ieri con il trio di EnricoPieranunzi. Il pianista Marco Detto venerdì sera ha saputo comunicare con il pubblico, trasmettendo emozioni forti e tutta l’energia che lo anima, percosso dal demone della musica che lo fa saltellare sul sedile, canticchiare mugolando mentre le dita corrono instancabili e fluide sulla tastiera, accennare perfino qualche passo di danza. L’approccio alla grammatica del grande Thelonious è meno intellettualistico, maggiormente estatico rispetto a Cappelletti, come se Detto, grazie anche alla perfetta intesa con due giovani promettenti come il contrabbassista Stefano Profeta e il batterista Mattia Barbieri, fosse quasiposseduto dallo spirito del grande maestro neroamericano che campeggia nellestupende foto in b/n di Pietro Redaelli appese ai lati della Terrazza Traversi insieme a quelle di altre giganti del jazz. C’è anche più pubblico stasera, si rasentano i 200 e la sala è in fervida attesa. Così quando arriva sul palco Detto, baffuto e sorridente, un po’ impacciato (“Mi onora tornare qui a Berbennodieci anni dopo, ma non sono molto bravo con le parole”, premette), è subitouno scrosciante applauso. Ma l’impaccio svanisce subito quando il pianista sisiede alla tastiera. Il primo brano, una sua composizione tratta dall’ultimoalbum in sestetto “Blue Stones” è il suggestivo “Alma” dedicato alla mamma “che forse, da lassù, avrà dato una sbirciatina insieme a Monk”. Poi, un altro pezzo suo come “Lasciarsi andare” rivela tutte la capacità tecniche del pianista,con continui cambi di tempo e ritmo, una dedizione assoluta all’armonia e mette in vetrina Profeta e soprattutto un duttile e preciso Barbieri, vera rivelazione della serata. “In The Twilight”, tutta giocata sulle note basse e “Festa di Piazza” vedono al proscenio anche il contrabbassista con il primo solo ispirato, ma la chimica tra i tre è quasi perfetta e il trio si mette con grande umiltà al servizio della musica senza strafare in eccessi solistici. Il pubblico capisce e applaude, sfiorando l’ovazione quando Detto affronta da solo le celebri “Take the A Train” e “Caravan” di Ellington, fuse insieme in una cascata di note, scomposte e ricomposte con un ritmo irresistibile. Poi è “Round Midnight” di Monk, a scaldare i cuori, con la sua melanconia blues unita ad una melodica versione di “Bemsha Swing”. Il bis, richiesto a gran voce, è la latineggiante “Poinciana”, poi Marco scorge nel pubblico la cantante brasiliana e amica Dilene Ferraz e la invita ad unirsi al trio per una bella versione di “Garota de Ipanema” di Jobim. Degna conclusione con un altro omaggio, stavolta ad un grande della bossanova, per un’altra ottima serata di musica offerta da Mongiardino Arte che ha trovato strada facendo un nuovo spazio per il jazz estivo in questa terrazza coperta al riparo dalle bizze del tempo.
Paolo Redaelli
LIBERTA’ di domenica 18 giugno 2006 Spettacoli
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Serenata jazz con Marco Detto
Grande concerto a Monticelli per il quartetto del pianista milanese
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Monticelli - Un morbido assolo di pianoforte, melodiche note di un lento swing, vivaci improvvisazioni di contrabbasso e batteria. E’ iniziato così, l’altra sera allo Chalet di Monticelli, presso la Società Canottieri Ongina, il concerto del Marco Detto Quartet, secondo appuntamento dell’edizione 2006 del Monticelli Jazz, rassegna che da diciassette anni propone ad un affezionato pubblico di appassionati le esibizioni dei migliori esponenti del panorama jazzistico italiano e internazionale.
Anche questa volta il risultato non ha tradito le aspettative. Attraverso la presentazione di moltissimi brani (tutti composti da Marco Detto) tratti da BlueStones, ultimo cd realizzato nello scorso aprile dal gruppo (assieme a Kyle Gregory alla tromba e Antonello Monni al sax tenore) per l’etichetta Music Center, il Marco Detto Quartet non ha solamente proposto un bellissimo concerto di ottimo jazz. Quella del gruppo è stata una stupefacente esibizione di virtuosismo. Virtuosismo strumentale, grazie alle straordinarie doti tecniche dei quattro musicisti dell’ensemble (Marco Detto al pianoforte, Guido Bombardieri al clarinetto e sax alto, Stefano Profeta al contrabbasso e Mauro Beggio alla batteria); virtuosismo interpretativo, con brillanti improvvisazioni su standard come la celebre Cavan di Duke Ellington, bellissimi swing dalle linee melodiche accattivanti come Alma, Mr. Rothko e La memoria, vivacissimi brani come Lasciarsi andare, In the twilight e Festa di piazza. E virtuosismo compositivo, espressione delle originali idee musicali del compositore del gruppo, il simpaticissimo Marco Detto, milanese dalla forte carica di umanità.
Senza nulla togliere alla straordinaria bravura di tutti i componenti, un cenno a parte meritano Guido Bombardieri e Marco Detto. Il primo, protagonista al clarinetto e al sax alto di una superlativa esibizione, ha mostrato una completa padronanza dello strumento e delle tecniche esecutive (compresa la respirazione circolare che ha esibito con un lunghissimo, strabiliante assolo), riuscendo ad ottenere dal clarinetto e dal sax ogni possibile effetto timbrico, nonché doti interpretative ed un estro improvvisativo davvero fuori dal comune (memorabili i suoi assoli in Festa di piazza e In the twilight). Non c’è rischio di esagerare nel definirlo uno dei migliori clarinettisti jazz della musica italiana.
Marco Detto, leader del gruppo e autore di tutti i brani eseguiti, si è rivelato essere un eccellente compositore, ideatore di un jazz moderno ma dichiaratamente ancorato al genere classico, che si muove attorno a temi e melodie deliziosamente venati di romanticismo, che si ritraggono solo per lasciare spazio a momenti di totale libertà improvvisatoria, la cui efficacia è amplificata dalla geniale inventiva dei componenti del gruppo. Ma anche sfoggiato doti di valido pianista, energico, passionale e con qualcosa in più: quella grande emozione che solo un artista che esegue la propria musica riesce a trasmettere.
Mauro Bardelli
Review Il trio di Marco Detto è una delle cose più belle che mi sia capitato di sentire ultimamente, c’è un processo continuo di tensione e di distensione, nella su musica, che si tratti di grandi standard, rivisitati con notevole sapienza armonica e un piglio moderno che non è facile trovare in molti pianistidel nostro jazz, sia che si tratti delle splendide composizioni come leader, velate come sono di una malinconia che non indugia narcisisticamente su se stesso. l’interplay è prerogativa costante del trio ed aiuta la musica a respirare in quel leggero movimento ondivago che è prorio del trio..
La casa del Jazz
...l’impressione che si riporta ascoltando Marco Detto nelle esibizioni dal vivo è che il suo pianismo martellante tende a investire gli astanti...incline a imporsi con una metodica in cui la tecnica sovrasta talvolta l’immaginazione...
Carlo Peroni
... non c’è solo forza..Detto si rivela un grande melodista, semplice, sottile, latino, ma fortemente influenzato dal blues e dal gospel quando meno te lo aspetti. Voto artistico 10.
In the Air - Review by Steven Loewy
Cinematographer and jazz documenter Ken Burns might be surprised to find an accomplished scene in the heart of Italy, but Marco Detto is a prime example of the kind of superb mainstream improvisational skill to be found in the land of Popes and pizza. The liners speak of a sense of nostalgia running through Detto’s work. He does tend to look toward the past, his piano comfortable with Ellington, Cole Porter, Rogers & Hart, as well as his own bop-laced conceptions. Detto is accomplished, his hands dancing across the keyboard, confidently and luxuriously. The highlight of the album, Detto’s almost 15-minute mixed rendition of the Ellington/Strayhorn classics "Take the ’A’ Train" and "Caravan" explodes with familiar delights. Max De Aloes lyrical contribution on harmonica on the closing "Canzone Per Martino" leaves the listener wanting more. While Detto’s trio is hardly revolutionary, it does effectively dig into the pieces, without transforming them. This is the sort of fare that works so well live, in the ambience of the club, when melodic invention and relaxing swing hold sway.
Mercoledì 27 Marzo 2002 - © CORRIERE DELLA SERA - Cultura JAZZ Marco Detto
Un’anima da suonare
Un giovane pianista si affaccia al panorama del jazz italiano e lo fa con un disco inciso a New York con il bassista Eddie Gomez, un grande del suo strumento, e il batterista Lennie White. Si chiama Marco Detto e nel suo disco intitolato forse un po troppo romanticamente ´What a wonderful world(un omaggio alla celebre incisione di Armstrong?) non cerca strade trasversali, non tenta avanguardie, usa un pianismo classico sorretto da una bella tecnica e propone standard riletti con autentica passione e basta ascoltare il suo ´Over the Rainbow´ una vecchissima canzone di Harburg e Harlen per rendersene conto. Ma cè di più. Detto si propone anche come autore e suona alcune sue belle pagine da ´Song for Annalisa´ a ´the Stories of the soul´ (che è anche il titolo di una sua precedente incisione per piano solo).
Come pianista mostra di avere una sicura vena melodica, un modo corposo e dotto di armonizzare una capacità di alternare emozioni, a volte rieccheggiando nella tecnica alcuni grandi del passato. Come compositore possiede una propensione romantica che tuttavia non enfatizza e che fa rientrare in un elegante gioco del chiaroscuro. Infine il fatto che Eddie Gomez lo abbia invitato a suonare anche con il suo quartetto chiarisce che Oltreoceano si sono accorti di lui. Forse anche prima di quanto sia accaduto in Patria.
WHAT A WONDERFUL
WORLD
di Marco Detto
Cd Music Center, Ä 16
Vittorio Franchini
© Corriere della Sera
Cultura
Novembre 2000 - MUSICA JAZZ IL TIRRENO
martedì 19 settembre 2000
Il grande Eddie Gomez
duetta con le campane
Bruna Baldassarre
PORTOFERRAIO. Con un concerto di musica classica al Vigilanti di Portoferraio e uno di jazz nella piazza di Capoliveri, domenica sera si è conclusa la quarta edizione del festival ´Elba isola musicale d’Europa´, presieduto da George Edelman e con la direzione artistica affidata a Yuri Bashmet.
A Capoliveri il jazz irrompe in piazza Matteotti mentre, tra i tetti, il giorno sfuma in un bel tramonto.
Sul palco nomi di fama internazionale: Eddie Gomez al contrabbasso, Yeremy Steig al flauto, Lenny Wheite alle percussioni, Marco Detto sostituisce McCoy Tyner al piano. Il pubblico appassionato, come spesso il jazz richiama, comincia a riempire la piazza in modo irregolare e informale, c’è anche Edelman.
Le mollette da bucato fermano gli spartiti, che potrebbero anche non esserci per la bravura dei musicisti. Gomez sfila ogni tanto un foglietto dalla tasca, ma solo per ricordare la scaletta dei brani: Footprints, Autumn Leaves, So what, All blues, Wats new...
Gomez dialoga con il pubblico e ripete spesso che Capoliveri è un posto amabile e il suo pubblico è una ´big audience´ (salvo gli incuranti transiti adiacenti al palco). Disinvoltura e padronanza lo portano a non scomporsi neanche dinanzi ad imprevedibili altre ´melodie´, quali quelle provenienti dai rintocchi delle campane della vicina chiesa. Si fermano e Gomez è ´Papa Dio di Capoliveri´.
Il pubblico applaude, lo spettacolo continua con un arrangiamento jazz. Un duo simpaticissimo con tutta la freschezza dell’improvvisazione pi impensabile: contrabbasso e flauto dietro al suono delle campane. Un vero, inaspettato, controcanto.
Tra il pubblico ci sono anche giovani musicisti appassionati di jazz venuti apposta da altre parti d’Italia. Uno di loro commenta che gli artisti sul palco sono i migliori del mondo.
Il pianista, una vera rivelazione! Gomez è un fenomeno. Il livello è altissimo, ma avrei preferito ascoltare di pi´. Eppure è stato regalato anche un bis. Alla consueta domanda sulle impressioni, le risposte sono che ´il suono è suono, emozione interiore e non si puÚ definire´, che ´i musicisti classici che interpretano il jazz mancano di irregolarità e scompostezza. » pi di maniera, ma forse si adatta meglio all’atmosfera del festival´.
Chi è il musicista rivelazione della serata? » il milanese Marco Detto, arrivato sul palco del festival come sostituto del sostituto del pianista che figura nel programma, McCoy Tyner. Autodidatta, umile, dolce e carico di umanità, Detto porta un’esperienza vissuta all’insegna dell’ottimo ´interplayª. Una perfetta intesa nonostante l’evento inatteso. Gomez gli ha già proposto un’incisione per marzo.
Chissà che il festival elbano non abbia tenuto a battesimo, come fu per il Pietri, una brillante carriera di cui abbiamo ´Detto´.
Capoliveri saluta il festival col jazz mentre dal Vigilanti l’arrivederci è affidato alle musica di Bach, Mozart e Schubert.
Novembre 2000 - MUSICA JAZZ Isola d’Elba
5/17 settembre, Portoferraio, Marciana, Marciana Marina, Capoliveri:
´Elba, isola musicale d’Europa - IV Festival Internazionaleª.
E’ il quarto anno che, ignorato da quasi tutti gli organi d’informazione, sull’Isola d’Elba si tiene a settembre un prestigioso festival di musica classica, che, dalla seconda edizione, si è aperto anche al jazz con la supervisione artistica del contrabbassista Eddie Gomez. Il festival ha come direttore artistico il russo Yuri Bashmet, che il Times ha definito ´senza dubbio uno dei massimi musicisti viventiª, e conta sulla partecipazione di altre figure di rilievo mondiale quali il violinista Uto Ughi, i pianisti Sergei e George Edelman, il violinista Victor Tretiakov. I concerti, in parte gratuiti, hanno fatto registrare una forte partecipazione di pubblico locale e turistico. Gomez aveva invitato quest’anno Chick Corea, che ha però dovuto rinunciare per ragioni di salute; non avendo raggiunto un accordo con McCoy Tyner, designato a sostituirlo, Eddie Gomez ha infine invitato una giovane promessa del jazz italiano, il pianista Marco Detto.
Ma il primo concerto jazz in programma era quello dedicato a Bill Evans a Capoliveri, con Gomes, Enrico Pieranunzi al pianoforte, Jeremy Steig al flauto e Lenny White alla batteria. Pur non avendo mai lavorato prima con loro, il pianista si è trovato perfettamente a suo agio e ha suonato splendidamente: il mondo evansiano gli è molto congeniale e ha trovato modo di eseguire in solitudine anche un proprio brano. Ha stupito ed entusiasmato Steig, che ha una bellissima sonorità, è lirico sui tempi lenti, ha una verve e uno swing straordinari sui tempi mossi e riesce a trarre dallo strumento una gamma di suoni e motivi sempre nuovi con un linguaggio sorprendentemente attuale. La classe di Gomes è nota: ha una timbrica eccellente e la stoffa del leader nel condurre i compagni sugli itinerari musicali che sceglie. Anche White ha dato ampi saggi della propria bravura, basata sulla semplicità essenziale.
Il concerto è stato replicato un paio di sere dopo (ma con Detto al pianoforte) nel teatro Vigilanti di Portoferraio, sede della maggior parte dei concerti di musica classica. E’ stato interessante rilevare il contributo differente dato dai due pianisti: pi lirico e vicino allo spirito di Bill Evans, Pieranunzi si è inserito facilmente nei giochi condotti da Gomez, mentre Detto ha dato al gruppo pi nervosismo e ritmo, con uno stile pianistico abbastanza personale ma molto prossimo alle atmosfere create da Red Garland nel quintetto di Miles Davis. Per un solo brano (che Gomez ha intitolato Improvisation For Napoleone) si è inserito, al posto di Steig, il clarinetto basso di Michel Portal: è stata un’improvvisazione godibile, dalla quale s’è perÚ ricavata l’impressione che Portal volesse evitare il confronto diretto con Steig.
Sempre il quartetto formato da Steig, Gomez, White e Detto ha offerto un secondo concerto a Capoliveri con un programma completamente diverso (pi congeniale alla vena pianista lombardo), basato su standard famosi. Detto ha in programma l’incisione di un CD con Gomez a New York e i concerti elbani sono stati sicuramente un’esperienza stimolante. Sempre nel secondo concerto s’è prepotentemente imposto, ancora una volta, il flauto di Steig, in particolare evidenza in un Autumn Leaves su tempo mosso.
In infelice concomitanza con il concerto di Pieranunzi si è svolta l’esibizione di Claudio Fasoli con il violoncellista classico Mario Brunello, volta a mescolare le note di Johann Sebastian Bach con le improvvisazioni del sax tenore. Fasoli temeva che l’esito del dialogo tra i due generi risultasse kitsch, ma i risultati lo hanno fatto ricredere e ora sta portando in giro per l’Italia questo duetto, con grandi soddisfazioni. Il folto pubblico che ha raggiunto faticosamente la Fortezza Pisana di Marciana, dove si sono esibiti i due musicisti, ha molto gradito il concerto.
Delle manifestazioni del festival faceva parte anche una giornata di crociera musicale in Corsica: a bordo suonavano il chitarrista Emanuele Segre, il flautista Alfred Rutz e la cantante Lucia Minetti. Nel tardo pomeriggio a Bastia, nella chiesa St. Jean-Baptiste, s’è tenuto uno stupendo concerto dell’orchestra ´I soliti di Moscaª diretta da Yuri Bashmet su musiche di Bach, Mozart e Giovanni Sollima.
Riccardo Schwamenthal